Sanzioni Ue alla Russia: in Italia conseguenze più negative rispetto a Francia e Germania

BRUXELLES – Un articolo pubblicato sulla rivista europea specializzata Fasi.eu mostra che le conseguenze dei rincari di materie prime e energia stanno colpendo duramente tutti i Paesi europei. Ma l’Italia di Draghi, ossequiente ai voleri di Biden e von der Leyen, è quello in cui la crisi energetica rischia di produrre i danni maggiori. L’analisi è stata fatta sulla base dei dati contenuti in un rapporto di Confindustria.

Che ha analizzato l’impatto della corsa dei prezzi dell’energia sui costi di produzione: settori a confronto tra Italia, Francia e Germania’ e ne stima i riflessi sui costi di produzione, fornendo previsioni tutt’altro che rassicuranti. 

Se l’aumento dei prezzi non dovesse fare marcia indietro nel 2022, l’incidenza sui costi di produzione leviterebbe per tutte le attività economiche, seppur con ampie differenze da settore. Ma soprattutto colpirebbe duramente l’Italia.

Del resto, già nel 2021 l’incidenza dei costi energetici tra Italia e in Germania aveva superato il punto percentuale, ed era arrivata al 2,6% rispetto alla Francia. Quest’anno, con le ulteriori infiammate dei prezzi acuite dal conflitto Russia-Ucraina, il divario è destinato ad inasprirsi. Secondo le stime del Centro studi di Confindustria si potrebbe raggiungere +2,1% rispetto alla Germania e +4,9% rispetto alla Francia.

Ma il peso maggiore dei costi energetici sull’industria italiana non è solo storia recente: nel biennio 2018-2019 i prezzi dell’energia erano maggiori per le imprese italiane rispetto ai competitor tedeschi (di 0,6 punti percentuali) e soprattutto rispetto ai francesi (1,6%). 

Un confronto tra le bollette energetiche in Italia, Francia e Germania

Andando al sodo, secondo le stime del Centro Studi l’impatto descritto finora si tradurrebbe in una crescita della bolletta energetica italiana compresa tra i 5,7 e 6,8 miliardi di euro su base mensile. Che in un anno significa una crescita compresa tra 68 e 81 miliardi. Guardando al solo settore manifatturiero l’aumento dei costi energetici è quantificabile tra i 2,3-2,6 miliardi mensili, quindi tra i 27,3-31,8 miliardi su base annua. 

La differenza rispetto alla Francia è lampante: oltralpe le stime parlano di un incremento compreso tra 1,7 e 1,8 miliardi mensili (20,2-21,8 annui) per tutti i settori economici, e circa di 0,6 miliardi mensili (7,5 miliardi annui) per la sola manifattura.

Sulla nostra stessa barca Berlino, in cui l’aumento dei prezzi dell’energia è stimato tra 7,7 e 8 miliardi mensili (91,9–95,7 annui) per il totale economia e in circa 3,7-3,8 miliardi mensili (45,9-47,2 annui) per la sola manifattura.

Perché bollette così diverse tra i tre Paesi? La ragione è ovviamente nel diverso mix di fonti energetiche utilizzate. In particolare, sulla base delle elaborazioni dei dati Eurostat, il gas naturale risulta la fonte prevalente di consumo in Italia sia per il settore della distribuzione di energia (49% circa nel 2019) – che poi la eroga sotto forma di gas ed elettricità agli altri comparti dell’economia – sia direttamente per la manifattura (76%).  Al contrario, il peso del gas naturale risulta marginale come fonte di consumo per il settore energia sia in Germania (15%, contro il 44% del carbone) sia in Francia (4%, contro l’83% del nucleare), mentre per il manifatturiero dei due paesi, il peso pur significativo (68% e 67%) è molto inferiore a quello italiano.

Il piatto indigesto per le industrie italiane è servito, ma l’importante è salvaguardare i rapporti con Washington e Bruxelles. A salvarci ci penseranno loro, stima qualcuno, ma si tratta di una pia illusione

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